
Cosa sta accadendo?
· Assedio: In Italia sono migliaia le richieste di autorizzazione per progetti di impianti industriali di produzione e di accumulo di energia da fonti rinnovabili, tutti localizzati in aree rurali, selvatiche e montane. Si tratta di impianti BESS, eolici, fotovoltaici o agrivoltaici, che prevedono: espropri, abbattimento di boschi, sbancamenti di montagne, impianti industriali in territori vincolati / agricoli / vergini, consumo di suolo.
· Speculazione: zero i progetti proposti nelle aree industriali, metropolitane o già urbanizzate, che in Italia abbondano e che sarebbero prioritarie: gli investitori delle rinnovabili puntano, oltre che ai milionari incentivi pubblici, al risparmio sui costi e al land grabbing.
· Caro bollette: In Italia il costo degli incentivi è scaricato sulle bollette dei cittadini, mentre i profitti vanno alle multinazionali che investono sulle rinnovabili.
· Rischio Toscana: il disegno di legge sulle aree idonee/non idonee a questi impianti proposto da una regione significativa come la Toscana permetterebbe tutto questo anche sul crinale appenninico, con conseguenze sulle regioni limitrofe e non solo
La speculazione a scapito dell’ambiente e delle comunità
In Italia, la normativa vigente vieta di realizzare impianti di produzione e stoccaggio di energie rinnovabili nelle zone protette, ma allo stesso tempo non vieta di localizzarli nelle altre aree di pregio naturalistico, agricolo o storico; semplicemente raccomanda di realizzarli su aree già compromesse dall’impatto umano, come quelle industriali, urbane e metropolitane, o le cave dismesse. Così, gli investitori delle rinnovabili scelgono di cementificare le ultime aree verdi del Paese. Questa scelta viene giustificata con il pretesto dell'urgenza climatica, ma nasconde interessi economici:
i terreni non edificabili costano meno
una volta occupati diventano sfruttabili per altri scopi
le aree rurali, lontane dai centri abitati, attirano meno attenzione e critiche.
Ma a pagare il prezzo sono la collettività e il suo habitat perché la realizzazione di grandi impianti industriali su terre ancora sane comporta:
irreversibile trasformazione di terreni fertili in siti industriali
perdita di biodiversità
devastazione di ecosistemi
perdita delle maggiori risorse per l’assorbimento di CO2
alti costi scaricati sulle bollette dei cittadini
danni ambientali e costi in bolletta anche per le future generazioni
Il caso Toscana: un modello a rischio
Un Cambio di Direzione per la Pianificazione Territoriale
In Italia, le Regioni stabiliscono i criteri per la localizzazione dei nuovi impianti da fonti rinnovabili (FER), nel rispetto dei principi generali della legge nazionale. Tuttavia, la proposta della Regione Toscana solleva serie preoccupazioni per il futuro del territorio e dei suoi equilibri ambientali. Questo nuovo modello tecnocratico contrasta con i principi di pianificazione virtuosa che hanno finora caratterizzato la regione e con gli obiettivi dello stesso Green Deal Europeo (Scopri di più).
Un Modello di Pianificazione Esemplare
Fino ad oggi, la Toscana ha rappresentato un esempio di eccellenza nella tutela del proprio territorio, mantenendo un equilibrio tra sviluppo antropico e salvaguardia dell’ambiente. La pianificazione territoriale regionale si basa su un approccio multidimensionale, che considera vari aspetti:
Caratteristiche idrogeologiche
Aspetti economici e sociali
Patrimonio ambientale e culturale
Risorse primarie (acqua, cibo, energia)
Struttura dell’ecosistema
Questi principi sono sanciti nella Legge Regionale 65/2014 (Leggi il testo ufficiale). Queste politiche e i loro importanti precedenti storici (Documenti TESS - Cristina Tani) sono riusciti a preservare buona parte dei caratteri ambientali e culturali del territorio, rendendolo unico al mondo, con un buon equilibrio tra urbanizzazione e aree naturali, un consumo di suolo inferiore alla media nazionale, una forte presenza agricola e numerosi parchi e riserve.
Una Minaccia al Territorio
La nuova proposta legislativa della Regione Toscana introduce un modello monodimensionale e tecnocratico, che favorisce lo sviluppo industriale a scapito delle comunità locali e dell’ambiente. Le principali criticità includono:
Consumo di suolo vergine e agricolo: invece di localizzare gli impianti FER nei centri di maggiore fabbisogno energetico, la proposta consente l’occupazione di aree naturali e agricole.
Impatto sulle aree vincolate: l’installazione di impianti eolici industriali potrebbe avvenire anche in zone protette, come i monti dell’Appennino (!! sta già accadendo, nonostante i pareri contrari di tecnici e Soprintendenze!!).
Mancanza di garanzie di ripristino: al termine del ciclo di vita degli impianti, non vi sono certezze sul recupero ambientale delle aree coinvolte.
Questa evoluzione normativa rappresenta un rischio per il territorio toscano che, anziché confermarsi come modello virtuoso, diverrebbe all’opposto, e con scandalo mondiale, un catalizzatore delle speculazioni.
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